logo
sfondo-20
2012.13

Prefazione

di Vincenzo Zollo

La crisi della cultura o la cultura della crisi?
Una cosa è certa, stiamo vivendo un periodo difficile in cui molti non arrivano a fine mese, le aziende chiudono da nord a sud, gli stipendi e le pensioni non bastano, la soglia di povertà è sempre più alta e la politica non dà cenno di muoversi ma, anzi, continua ad essere vissuta dalle persone come un fatto estraneo, che serve solo a se stessa. Gli effetti di tutto questo si ripercuotono in molti campi, da quello economico a quello sociale, da quello culturale a quello psicologico. La crisi imperversa, da anni ormai, e sembra non si riesca a vedere la luce in fondo al tunnel.
Ma cosa significa “crisi”? È veramente un termine negativo, così come ci viene proposto oggi, oppure porta in se un altro significato? In realtà la parola, che viene dal greco, nasce con il significato principale di “separare” sul quale poi prevale, nel momento in cui viene importato nel latino, quello secondario inerente il modo medico ed indicante lo stato di evoluzione di una malattia in guarigione: nel momento in cui il corpo si ribella al male e lo combatte, per giungere al risanamento, fa la cosiddetta crisi. L’accezione originale è quindi del tutto positiva, sta ad indicare la fase di passaggio da uno stato di malessere ad uno di benessere.
Perché mai, dunque, ora dovremmo vivere tale termine solo con il significato che gli vuole attribuire la moderna economia? Quello di momento negativo, precario, instabile e traumatico? Perché creare una cultura della crisi, tornando al mio interrogativo iniziale, in cui vedere tutto nero e piangere su se stessi?
Certo, è innegabile che le difficoltà ci sono, indipendentemente dal vocabolo che si voglia utilizzare per definire questo periodo storico. Ma perché non cominciamo a vivere questa crisi come un’occasione? Un’opportunità per guarire, per evolverci, per costruire, per inventare, per tornare al concreto, alla vita reale, e pretendere dagli altri, ma in primis da noi stessi, professionalità, coerenza e condivisione. È qui che interviene la cultura, che rende le persone libere e coscienti ed in grado di poter affrontare dignitosamente, e cambiare, i propri destini. La cultura non deve essere assoggettata alla crisi, ma anzi uno dei principali medicinali a portarci verso la guarigione da questa. Così come avvenne già nella letteratura italiana del primo Novecento, in cui il disagio, l’inquietudine e il ribellismo alla prima guerra mondiale dei giovani intellettuali, sfociarono in grandi espressioni letterarie e poetiche che, seppur in un sentimento di delusione e scontentezza, apportarono alla società slancio vitale e volontà di cambiamento.
E così non possiamo far altro che ringraziare, ancora una volta, tutti gli autori che quotidianamente continuano a cimentarsi, a tutti i livelli, con la scrittura. Grazie a loro progetti culturali come il nostro possono sopravvivere alla crisi e, al contempo, contribuire a “guarire” i nostri lettori dall'amorfismo e dalla disillusione che la crisi stessa crea in loro.